Dal fare spietato alla salvezza o all’attesa di essa. La scorza precede il frutto, secondo un antico principio ebraico. Questa nuova raccolta di Pasquale Vitagliano segue l’ultima raccolta “Del fare spietato”, allo stesso modo. Ed insieme ad Habeas Corpus completa una trilogia poetica centrata sul corpo quale estrema frontiera di tutela della nostra umanità, quale espressione solitaria di un diritto sempre più precario. Questa scrittura poetica è una forma di resistenza ai formalismi di ogni mito della realtà. Contro chi tende a trasformare i segni in “sistema fattuale”, lo sforzo di questo linguaggio poetico è di ricondurre i segni e i simboli in un “sistema essenziale.” La parola poetica cerca di portare al proprio estremo il legame tra significante e significato, ritornare dal segno al senso, connettere il senso delle parole al senso stesso delle cose. Tenta così di costruire un’architettura, un “film”, di oggetti-pensiero che attraverso un processo autonomo, sospeso e insieme cinematico, di sedimentazione, disvela il corpo interno e nascosto della realtà quotidiana. Le parole poetiche come particelle sospese si accumulano per effetto del campo di forza del testo-realtà che le argina, le piega, le lascia passare ricongiungendole, in una nuova forma, al senso più autentico delle cose.
Ho bussato a tutte le porte
Qui non c’è più nessuno
Salvo i fantasmi dietro le porte
Che spiano furtivi dagli spioncini
Spaventati dal rumore della vita
Ora che s’erano acquietati
Dopo la prova che la parola non cura
Temendo invece la luce
Che quando sopraggiunge
Mostra la reale sostanza delle cose
Le parole scovate sterili
Sono state lasciate sgomente sull’uscio
La luce la luce è la luce.
*
Ecco che ti manifesti
Pietà inversa
A farti abbracciare dal sudario
Per cucirti addosso
L’odore del più pietoso
Dei tessuti
Né madre né sorella
Nessuna cura è stata
L’esatta formula algebrica
Del corpo smemorato
Annotati la felicità pronunciabile
Che non è più cieca
E ha preso la forma precisa
Di ogni suo contenuto
Nutri gioendo nuota
Nell’abisso familiare
Nel quale risuona la risposta
Che solo a noi
È dato ascoltare.
*
Non mi aspettavo una guerra
Per cui non devo combattere
Eppure sono in trincea
Con un solo colpo in canna
Così devo difendere la chiave
Da passare al prigioniero.