Dalla prefazione di Silvio Raffo: «Armida, la fascinosa maga incantatrice che imprigiona Rinaldo della Gerusalemme liberata di Tasso avvincendo il giovane addormentato con “lente ma tenacissime catene” fatte “di ligustri, di gigli e di rose” è, come ben sappiamo, la sorella minore dell’Alcina dell’Orlando furioso ariostesco che dal canto suo trasformava i suoi spasimanti in alberi, ed era a sua volta una pronipote della Circe omerica, ancora più temibile quanto a bizzarrie metamorfiche. Queste figure sono tutte varianti dell’archetipo femminino per eccellenza, la Lilith che occhieggia enigmatica e terrificante nelle antiche religioni mesopotamiche e nella religione ebraica: una sorta di démone notturno associato alle tempeste, il simbolo di un femminile intransitivo, che non si assoggetta al maschile, in grado altresì di danneggiare la salute dei bambini (solo dei maschietti appunto) e di ossessionare l’uomo che ha la sventura di desiderarla».
Idriche noctiluche
Nel nostro irrisolvibile sentire
che quasi sempre esclude la parola,
a farsi udire appaiono gli sguardi…
i viali resi nuovi dalla notte.
Trascorsi da brusii di stanca pioggia
al tocco variegato delle stille
ci torna dall’inchiostro in vago spaglio
il raro ticchettio delle faville
umidi argenti in voce non umana…
un buio diamantato da quei tigli
e assieme qualche cosa dove il Mana
parrebbe già diffluire nell’oblio.
*
Dopo la pioggia
Lasciati delle piante i gran ritratti,
i gigli ormai nuziali e le ipomee
imbuti stupefatti e altalenanti
dai bei pendenti umìli ai lobi viola,
e questo mi ricorda da lontano
il segno che mi han fatto gli occhi d’Argo :
non prendere quei pomi e avrai perfino
anche di più… i doni del profumo.
Pensosi noi torniamo agli aspersori
cui hai dato dei bacili in orli ondosi,
e al quieto non so che di quei bouquets,
adepti con un cuore senza stili.
*
Silfide
Nell’ombra annunciatrice del mio aroma
la fuga di una forma trasparente,
e in quella sua per me danzata sera
non so che nuovo o misterioso idioma.
Stregata apparizione
nel buio e tardo vento a scialleggiare
scoprivo in quei passaggi poco umani
lo stesso mio pensare…
D’insolita natura
al punto da sospingermi a tacere,
l’amica come forma, a sua insaputa,
del vago mio profilo.