«Il corpo, al centro della scena: in ogni sua gioia, in ogni sua pena». È uno dei primissimi frammenti che compongono questa nuova raccolta di Niccolò Nisivoccia: ed è poco meno di una dichiarazione programmatica, o d’intenti. Perché è vero: non c’è frammento dell’intera raccolta, potremmo dire, che non ruoti intorno al corpo. O meglio: intorno alla percezione del mondo attraverso il corpo e tutti i sensi. Quel che ne deriva – ed ecco anche spiegato, forse, il significato del titolo – è quasi una cosmologia, intesa come dimensione relazionale fra noi e il mondo, come costruzione di una trama della vita. È il nostro io a fondare la nostra visione del mondo: e questo nostro io è carnale e corporeo, appunto, prima ancora che psichico. Così come è attraverso il corpo, più che attraverso il pensiero, che la vita può essere sentita e vissuta: nel bene come nel male, nei suoi piaceri come nei suoi dolori. È sul corpo, in definitiva, che si gioca l’alleanza fra noi e il mondo che abitiamo. Come scandisce, nella nota prefatoria, Vittorio Lingiardi: “pagina dopo pagina verrete sfiorati da piccoli miracoli: scoprirete che è «nel toccarsi il senso del perdono» e che anche l’impresa impossibile, «far combaciare corpo e parola», può diventare possibile”.
È tutto nei sensi, è tutto carnale. Questa terra, questo mare. Questa luce e la sua ombra, questo vento, questa croce. La tua voce. Il vedere, il sentire, l’assaporare. Il toccare, l’odorare. Il passato, il futuro, il ricordo di te, la nostalgia di ciò che ancora deve accadere. La solitudine, l’assenza, la presenza […]
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Cercare, nella notte, una mano, un tocco, una carezza. Trovare, almeno nella notte, una presenza, una certezza.
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Accettare le cose come fenomeni, per quello che sono, nel loro darsi – vivere attraverso i corpi. Lasciare alla vita di rivelarsi – rinunciare all’esigenza delle ragioni e dei torti.
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Non è vero che tutto è simbolo, che tutto è analogia: non c’è esperienza del mondo che non sia tua, che non sia mia. Allora tutto è simbolo, tutto è analogia: ma solo quando accade il miracolo, per un istante o forse più, che la visione del mondo tua coincida con la mia.