Un luogo non-luogo, il prolungamento impossibile della tracciabilità geografica della terra: è in questa mappa non esistente, sospesa tra l’essere e il non essere, tra il giorno e la notte, tra il terrestre e l’infinito che sembrano essersi sedimentate le poesie di questa raccolta. Attraverso cinque sezioni, compatte e uniformi, dal timbro tonale inconfondibilmente modulato, si snodano le nuove poesie di Antonio Trucillo, poesie che sembrano via via farsi sempre più rarefatte, più tendenti all’informale, a un’astrazione lirica, misteriosa e metafisica. Versi come scritti in un territorio che pare sfuggire da ogni latitudine e da ogni tempo, centrifughi, ineffabili, eppure alla ricerca di una zona dove sostare in mezzo all’irrequietezza del vivere. Come sottolinea Mario Fresa nella prefazione: «l’io smette di appartenersi, gioca a morire volontariamente, a disfarsi o a nascondersi, a eludere o a far dileguare la stessa esperienza del presente per rivendicare un inedito spazio di sospensione, tanto impossibile quanto seducente».
Gli acquorei che silenziosamente
accarezzano, quasi assolute membra,
se non per vento leggero, i cigni,
ai rami, a tutto il fogliame, i tempietti
in basso che l’onda sfiorano
a malapena, da un ovest
a un est, con mente pudica,
ecco, è da qui che sopraggiunge il tonfo
delle costellazioni.
*
Senza titolo
Mi sono abbandonato alle finestre accese
nulla pretendendo da coloro
che un bianco pigmento
rende bianca pelle.
Case, come sono lì,
pure risplendono,
vogliono un tributo cioè
i begli occhiali
all’apparenze sepolti.
Si posizionano accanto ai velluti,
perciò godiamo dell’apparizione
come memoria di uomini
che guarderanno le albe
appena svegli e per sempre.
*
Per parabola. Trepidando qui.
Qui: un’escrescenza umida tagliava
senza sforzo a un rossoruggine.
Chiuse le catene a tempo, arrendendosi.
Lungi il cuore ammorbidito
e sovrabbondanti sintomi
una
come conca-estate
illuminando vocetta
la palma assoluta
venuta a me.